Sei mesi fa ……..l’inferno
Sono passati sei mesi esatti da quella tragica notte che ci ha visto dirette vittime di un evento inimmaginabile per chi, fortunatamente non lo ha vissuto.
E le nostre vite sono completamente cambiate. Non sono le nostre, ma anche quelle di settantamila nostri concittadini.
Da quella notte il terrore per il presente e per il futuro si è impadronito di noi. Da quella notte altre undicimilaseicentocinquantotto scosse hanno tolto la speranza di una ripartenza veloce per tutti noi.
Sono passati sei mesi esatti da quella tragica notte che ci ha visto dirette vittime di un evento inimmaginabile per chi, fortunatamente non lo ha vissuto.
E le nostre vite sono completamente cambiate. Non sono le nostre, ma anche quelle di settantamila nostri concittadini.
Da quella notte il terrore per il presente e per il futuro si è impadronito di noi. Da quella notte altre undicimilaseicentocinquantotto scosse hanno tolto la speranza di una ripartenza veloce per tutti noi.
Il terremoto non è una frana né un disastro ferroviario, che sì hanno prodotto distruzione di case, morti e feriti, comunque, ma che ha dato ai sopravvissuti la possibilità di ripartire subito, anche se con il cuore spezzato. Il terremoto no. La scìa è infinita, sembra che non finisca mai, giorno dopo giorno ti martella, ti ferisce, ti impaurisce, ti toglie le forze.
Ma c’è una speranza? Come e dove guardare con speranza?
Speranza sono le case antisismiche realizzate con velocità sensazionale? Oppure le case rimaste in piedi di fronte ad una forza distruttrice così forte?
Speranza sono le case antisismiche realizzate con velocità sensazionale? Oppure le case rimaste in piedi di fronte ad una forza distruttrice così forte?
O speranza si chiamano le migliaia di ragazzi che in questi giorni hanno riempito le nuove scuole dai colori insoliti e sorte velocissime attorno alla vecchia città distrutta? O speranza è l’impazzito traffico che riempie le vecchie strade della periferia che passano talvolta tra edifici distrutti che sono ancora lì a ricordare, qualora ce ne fosse bisogno, quanta gente ha sepolto nel sonno?
O speranza sono quelle poche luci che la sera si accendono nelle case che qualcuno ha deciso, con il cuore in gola per la notte incombente, di riabitare?
Ma speranza non può essere il sorriso dei suoi abitanti che non c’è più, le file interminabili nei provvisori uffici pubblici, l’Ospedale che pare appartenere al terzo mondo, le case antisismiche che hanno stravolto il tessuto urbano e che non capisci se sono state costruite per viverci sempre, il centro storico che ho attraversato che ho attraversato per una buona fetta e che ho visto non ferito ma moribondo.
Macchè ricostruzione iniziata!
Ma speranza non può essere il sorriso dei suoi abitanti che non c’è più, le file interminabili nei provvisori uffici pubblici, l’Ospedale che pare appartenere al terzo mondo, le case antisismiche che hanno stravolto il tessuto urbano e che non capisci se sono state costruite per viverci sempre, il centro storico che ho attraversato che ho attraversato per una buona fetta e che ho visto non ferito ma moribondo.
Macchè ricostruzione iniziata!
Sono state realizzate case nuove dove prima non c’erano, in agglomerati fatti di tanti edifici, uno accanto all’altro. Serviranno anni perché siano funzionali: mancano di strade, di negozi, di centri di aggregazione. Le scuole sono altrove. I servizi pubblici, gli uffici pubblici, stanno sorgendo altrove. Tutto fatto con molta fretta, senza progettazione complessiva, con la struttura comunale incapace di proporre qualcosa di più organico: così l’emergenza ha privilegiato la velocità di dare un tetto a 20.000 persone, gli altri abitanti devono rientrare nelle loro case da rendere abitabili nei prossimi anni. Nel frattempo sono negli alberghi in città (pochi) o in quelli della costa (molti). Qualche migliaio ha la casa abitabile e se trova il coraggio di viverci e di dormirci formerà il primo nucleo della nuova città.
Ma senza la ricostruzione del centro storico sarà, tra molti anni, un’altra città.
Ma senza la ricostruzione del centro storico sarà, tra molti anni, un’altra città.
Ma un miracolo a sei mesi esatti c’è stato: abbiamo ritrovato il nostro gatto ARTU’, disperso da quella maledetta notte.
Orso Bruno
Orso Bruno
6 ottobre 2009
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